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Ogni cosa sembra difficile prima di diventare facile

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21 luglio 2023

Servizi pubblici digitali, come cambiano le abitudini e le aspettative degli italiani

Il 79 per cento degli italiani utilizza regolarmente o saltuariamente canali digitali per accedere ai servizi pubblici, secondo una rilevazione realizzata a febbraio dall’Istituto Piepoli su un campione rappresentativo dell’intera popolazione, tramite 502 interviste equamente distribuite per aree geografiche e per caratteristiche demografiche degli intervistati (sesso, età, titolo di studio). 

L’indagine offre uno scorcio sulla partecipazione dei cittadini alla transizione digitale dei servizi pubblici, permette di interpretare le loro aspettative ma anche di misurare gli ostacoli e le difficoltà che ancora limitano l’accesso ai servizi digitali per una fetta rilevante della popolazione. 

In particolare, il 69 per cento degli intervistati dichiara di accedere ai servizi pubblici attraverso canali digitali (online o tramite app), di cui oltre la metà (il 36 per cento del totale) esprime una netta preferenza per questi canali quando disponibili. A questi si aggiunge un 10 per cento del campione che ha usato almeno una volta i canali digitali, ma quando possibile ancora preferisce ricorrere a canali “tradizionali”, come gli sportelli degli enti locali.

I fattori trainanti per l’accesso ai servizi pubblici tramite canali digitali sono: 

  • il pagamento di tributi (60 per cento);
  • l’accesso a documenti e certificati (53 per cento) o a bonus statali (28 per cento);
  • la richiesta di prestazioni legate al welfare (22 per cento). 

Resta però una parte importante della popolazione ancora ai margini della trasformazione digitale, con il 21 per cento degli intervistati che non ha mai utilizzato servizi pubblici online o tramite app. 


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I dati da cui partire, sempre

+0,4%

Secondo un “occasional paper” firmato da due economisti della Banca d’Italia, ogni punto percentuale di incremento dei pagamenti elettronici o digitali corrisponde a un aumento del gettito IVA del +0,4%. Sebbene il dato possa variare a seconda del tipo di consumi, secondo gli autori “l'indagine suggerisce che l’uso di pagamenti elettronici  dovrebbe essere fortemente incoraggiato nei settori più colpiti dall’evasione”. 

 

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Ospiti, opinioni, best practice

Effetto Bruxelles, l’Europa diventa hub globale per le policy sul digitale

Conversazione con Anu Bradford, Columbia Law School

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Quando parliamo di “Effetto Bruxelles” facciamo riferimento alla capacità dell’Unione Europea di regolare unilateralmente i mercati globali

L’Unione Europea è uno dei più grandi e influenti mercati di consumo al mondo, e le multinazionali accettano di seguire le normative europee per operare all’interno dei suoi confini. Ma le multinazionali tendono a preferire l’uniformità, finendo spesso a estendere volontariamente le regole UE a tutte le proprie attività nel mondo, evitando così il costo di doversi adeguare a una moltitudine di sistemi regolatori diversi.  

L’Effetto Bruxelles ha influito su tante attività regolatorie, tra cui quella del mercato digitale: le normative UE determinano spesso -per esempio- in che modo le Big Tech raccolgono, gestiscono, conservano e monetizzano i dati personali. Facebook, Google e Microsoft hanno così scelto di adottare una unica privacy policy globale - che rispecchia molto da vicino il Regolamento generale per la protezione dei dati (GDPR) europeo. 

Allo stesso modo, il Codice di condotta UE contro l’illecito incitamento all’odio online influenza il tipo di linguaggio che le aziende del web permettono sulle rispettive piattaforme: invece di far riferimento al Primo Emendamento statunitense in materia di libertà di espressione, aziende come Facebook, Twitter o YouTube si ispirano alla definizione UE di “linguaggio dell’odio” per decidere quale contenuto rimuovere dalle proprie piattaforme. 

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PagoPA S.p.A. innesta nel settore pubblico una visione precisa e ambiziosa: sviluppare una nuova generazione di servizi pubblici digitali, pensati e progettati per migliorare la vita delle persone.

Non è una sfida semplice, ma ogni cosa sembra difficile prima di diventare facile: una visione raccontata anche per immagini grazie al nuovo video di presentazione della Società.

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Spunti di attualità

L’improvvisa popolarità di sistemi di Intelligenza Artificiale disponibili per il pubblico, in particolare ChatGPT, secondo quanto riferisce Politico sta creando non pochi grattacapi ai policy makers di Bruxelles, che già lo scorso dicembre avevano trovato un primo accordo sull’AI Act, la normativa Europea per garantire che l'intelligenza artificiale “rispetti i diritti fondamentali” dei cittadini. Il dibattito, che coinvolge politici, Ong e gruppi come Google o Microsoft, si interroga sull’inserire “sistemi di IA che generano testi complessi senza monitoraggio dell’uomo” tra i servizi classificati “ad alto rischio” dalla nascente normativa, rendendoli pertanto molto più normati. 

Classificare un elevato numero di servizi “ad alto rischio” potrebbe, però, favorire la concentrazione del mercato, secondo quanto emerso in un convegno di Euractiv sui rischi per le Piccole e medie imprese legati all’AI Act. Il timore espresso è che la Commissione abbia sottovalutato il costo di compliance a carico delle imprese, che potrebbe permettere lo sviluppo e l’utilizzo di servizi di IA solo a chi può permettersi grandi economie di scala.